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Con lo spirito curioso e concreto del bambino che imparando a sperimentare e a muoversi nel mondo acquisisce conoscenza, Enzo Mari si racconta in prima persona, dal periodo di autoformazione dell'infanzia e della prima giovinezza, tra gli anni Trenta e Quaranta, attento ai molti stimoli di una realtà difficile ma in pieno fermento, agli studi all'Accademia di Brera, alla fase di più intensa attività artistica che ha fatto di lui uno dei designer più geniali e innovativi del Novecento. Mari è sempre stato mosso dalla convinzione che progettare corrisponda a una pulsione profonda insita in ogni essere umano. Una convinzione che lo ha portato, negli anni Sessanta, a rivoluzionare il concetto di design, realizzando, con coerenza, un'«utopia democratica»: disegnare e produrre oggetti belli e utili per la gente comune. Sono nate così creazioni che non sentono l'usura del tempo: dai giochi concepiti per stimolare i bambini a «produrre intelligenza», ai progetti realizzati in tutto il mondo per i più importanti marchi (Olivetti, Driade, Zanotta, Artemide, Alessi). Con la fine degli anni Settanta, Mari considera conclusa l'utopia del design. Orgoglioso di essere un «ingenuo cronico», non esita a gridare che oggi il design è nudo ma non cessa di essere ottimista.