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Come parlare dell'Olocausto alle nuove generazioni? A questa domanda David Grossman ha risposto con "Vedi alla voce: amore", un romanzo di sorprendente originalità stilistica e linguistica. Protagonista e narratore è il piccolo Momik che, figlio di deportati, sente parlare in modo oscuro e allusivo dell'Olocausto, si interroga sul mistero dei numeri tatuati sulla pelle dei genitori, crede che la «belva nazista» sia realmente un animale feroce, sconosciuto e terribile. Ma per capire davvero dovrà crescere, diventare scrittore, mettersi sulle tracce di Bruno Schulz e del suo libro incompiuto e perduto, dovrà seguire le tracce del nonno in Polonia e poi compiere un viaggio impossibile per mare, lasciarsi trasportare da personaggi immaginari e approdare all'ultima fantastica invenzione del libro: un'enciclopedia dove si raccolgono i fili innumerevoli del romanzo, e della vita. Così, con questa grande creazione etica, con questo libro insieme folle e scientifico, ingenuo e poetico, drammatico e grottesco, Grossman realizza il tentativo di interpretare e inventare una realtà segnata indelebilmente dal dolore.