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Meditato e scritto per oltre un decennio, "Oblòmov" venne pubblicato nel 1859, suscitando fin dal primo apparire ampi dibattiti. In effetti il protagonista eponimo, Il'jà Il'ìc Oblòmov, è uno di quei personaggi davanti ai quali tanto i lettori comuni quanto i critici letterari non rimangono indifferenti: preda di un'invincibile apatia che neppure l'amore sincero per la bella Ol'ga riesce a vincere, è caratterizzato da un'ipertrofia della coscienza cui corrisponde una paralisi dell'azione, o un suo dissiparsi in gesti sterili e disperati. Il "tipo umano" che Goncaròv mette in scena è da un lato squisitamente russo - e imparentato con altri celebri personaggi di quella letteratura, dall'Onégin di Puskin al Pecòrin di Lérmontov -, un tipico esponente dell'aristocrazia ottocentesca irrimediabilmente corrotta dai suoi stessi privilegi; dall'altro è emblematico di una condizione esistenziale eterna, a metà strada tra Amleto e Don Chisciotte, con la quale ogni generazione, in ogni luogo, si confronta.