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«Le zanzare erano fastidiose quella sera d'agosto. Avevo tra le mani un giornale illustrato d'automobilismo stampato a Torino. Me ne servivo per scacciarle. Improvvisamente Peppino, il grande amico della mia adolescenza, mi chiese: "Tu che cosa farai da grande?". Sotto la luce incerta di un lampione a gas della barriera daziaria di Modena gli additai una fotografia in prima pagina. "Raffaele De Palma" diceva la didascalia "ancora una volta protagonista a Indianapolis, la grande competizione americana." "Farò il corridore" risposi». Inizia così, dall'ambizioso sogno di un ragazzo, l'irripetibile avventura di Enzo Ferrari, come lui stesso racconta in questa sua autobiografia, uscita nei primi anni Sessanta, quando "il Drake" era già l'italiano più famoso al mondo, aggiornata nei due decenni successivi per edizioni private e rimasta quindi fino a oggi sconosciuta al grande pubblico. Con lo stile asciutto, stringato, quasi aforistico (celeberrimo il suo «Il secondo è il primo degli ultimi»), ben noto a chi lo conobbe, il pioniere dell'automobilismo sportivo italiano snocciola pareri, dati e - soprattutto ricordi. L'infanzia vissuta in un'Emilia di sapore già guareschiano, l'officina di carpentiere del padre, le corse a cui Enzo assiste da bambino tra Modena e Bologna, gli anni difficili della guerra, l'esordio da pilota nel 1919, le gare con l'Isotta Fraschini e l'Alfa Romeo.