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Il 13 settembre 2013 due speleologi sudafricani scesi nel vasto sistema di gallerie di Rising Star, nei dintorni di Johannesburg, individuarono casualmente una "camera segreta", colma di ossa fossili. Sarebbero poi risultate essere circa 1550. È così, in modo del tutto imprevedibile, che avviene la scoperta più rivoluzionaria e misteriosa sull'origine dell'uomo, quella di Homo naledi ("stella" in lingua locale sotho), una nuova specie ominine dalle caratteristiche uniche. Dall'eccezionale ritrovamento prende il via un'entusiasmante avventura scientifica e umana, che apre scenari inediti sulla nostra storia più antica e ci spinge a guardare con occhi diversi anche il presente. A raccontarla è uno dei suoi protagonisti, Damiano Marchi, paleoantropologo dell'università di Pisa, l'unico studioso italiano chiamato a partecipare al workshop scientifico internazionale su Homo naledi. Esperto nello studio degli arti inferiori e dell'evoluzione della locomozione, Marchi, insieme ad alcuni tra i più brillanti paleoantropologi del mondo, ha analizzato i fossili rinvenuti a Rising Star, tracciando ipotesi estremamente precise e sorprendenti sulle abitudini e il comportamento di questo nostro remoto predecessore. Alto circa un metro e mezzo, dotato di mani adatte ad arrampicarsi sugli alberi e, insieme, di gambe perfettamente in grado di camminare in posizione eretta, con un cervello piccolo come un'arancia, Homo naledi unisce caratteristiche arcaiche e moderne.