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Quando, nel dicembre del 1993, il Metropolitan Museum di New York organizzò la prima grande esposizione delle sue opere, Lucian Freud non era più che un pittore di nicchia. Per lui, in quell'occasione si aprirono finalmente le porte del mercato internazionale dell'arte. Eppure, nonostante la fama e la ricchezza, Lucian Freud continuava a vivere circondato da un alone di riservatezza. Di lui erano note le innumerevoli amanti, le amicizie nel mondo dell'aristocrazia e dell'elite intellettuale britannica, la passione per il gioco. C'era però un Freud "segreto", un "Mefistofele paranoico che distrugge tutto ciò che lo circonda", secondo le parole dell'ex moglie Caroline Blackwood; un artista, ma soprattutto un uomo, tormentato, che aveva dialogato a lungo con la morte. Questo Freud "segreto" viene svelato per la prima volta da Geordie Greig, che per dieci anni ha fatto parte del ristrettissimo gruppo di amici che regolarmente si incontravano con l'artista per la prima colazione al ristorante Clarke's, in Kensington Church Street, a Londra. Lì, Freud rievocava episodi del suo passato e parlava di bookmaker e fantini, di gangster dell'East End e di figli troppo spesso dimenticati, di amori di struttivi e di incontri incredibili. Ma soprattutto parlava d'arte e di pittura, rivelando la sua ossessione per il lavoro, l'attenzione maniacale con cui ritraeva, in maniera a tratti sconcertante, la carne nuda e viva dei corpi che animano le sue tele.