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I nuovi percorsi della poesia di Michael Krüger si realizzano, in questo ampio e articolatissimo libro, "Spostare l'ora", nel segno di un costante e problematico rapporto con il tempo, e dunque con il senso del tempo stesso nel presente e nella storia. Storia alla quale il poeta dichiara di sentirsi del tutto accidentale o in qualche modo decisamente estraneo, come appare dalla disincantata saggezza di molti suoi versi, per esempio questi: "Io alla storia non occorro. Lei procede insonne inciampando fra Kitsch e Gloria". Ma in contrasto con il goffo cammino della storia, e dunque, in fin dei conti, ben più rassicurante, o quanto meno più attendibile, è pur sempre la natura, rispetto alla quale Krüger conferma di avere un rapporto speciale, un colloquio quotidiano, pur nella varietà estrema dei luoghi in cui si trova a vivere, o a soggiornare anche brevemente, e dunque dalla propria terra ai più vari punti di un mondo divenuto ormai piccolissimo. Ed ecco allora che gli attori delle vicende che ci racconta possono essere indifferentemente piante o animali, ma anche uomini, vivi o morti, celebri personaggi o anonime figure di passaggio. Se ne ricava un vasto ambiente totale, dove il mondo si manifesta nella sua varia e incessante metamorfosi. Il poeta viaggia: Venezia, Istanbul, Calcutta, New York, ci manda cartoline dall'India, dal Baltico o dalla Toscana, e si sente simile a un piccolo animale dotato dell'umile e insieme prodigiosa capacità di adattarsi al mondo...