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Tra il 1968 e il 2001 la storia del giornalismo italiano non può non riflettere i segni di una difficile transizione economica, politica e culturale che non è senza rapporto con la realtà dei nostri giorni difficili. La strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) segna un decisivo spartiacque tra due stagioni della vita pubblica italiana e, a sette anni dalla morte mai chiarita di Enrico Mattei, inaugura una sequenza di misteri italiani che sulla stampa quotidiana e periodica trovano una lettura argomentata e un controcanto lucido e appassionato, degno della tradizione più alta del giornalismo d'inchiesta. Degli anni terribili delle stragi offrono un resoconto impegnato e fedele alcuni eccezionali cronisti di una nuova generazione, da Marco Mozza a Giampaolo Pansa a Romano Cantore, indisponibili al riuso delle malcerte o mistificatorie verità ufficiali. Il terrorismo e la criminalità mafiosa e camorristica diventano due drammatiche pietre di paragone per i giornalisti meno disposti a stabilire, con l'una e con l'altra, relazioni di convivenza non conflittuale: sul duplice fronte della narrazione e della lotta antiterroristica e anticriminale muoiono, tra gli altri, Carlo Casalegno, Walter Tobagi e Giancarlo Siani, presenti nel volume con gli scritti che sono costati loro la vita.