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Questo testo è una storia del modo in cui le forme sono percepite. Partendo dal principio che lo spazio esiste innanzitutto come luogo nel quale lo sguardo si muove, si propone di mettere in luce i modi nei quali la realtà pittorica, architettonica, urbana e paesaggistica è esperita e consumata dallo spettatore. Ne emerge un'idea nuova e non scontata: esiste una struttura percettiva, intrinseca al quadro o all'oggetto architettonico che pur non coincidendo con la forma geometrica, orienta - per così dire - lo sguardo. L'opera incita a essere consumata in un certo modo, creando lo spettatore con le sue intenzionalità e le sue attese. Così lo spazio è inteso come proprietà emergente dello sguardo. Si dimostra inoltre come, attraverso la storia, lo spettatore si è situato fisicamente e mentalmente ora all'interno e ora all'esterno dello spazio, due posture che si rifanno, in definitiva, a due concezioni filosofiche antinomiche: Platone da una parte e Aristotele dall'altra. Il vasto panorama storico tracciato mostra che ogni epoca percepisce il mondo in modo diverso.