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Maggie ha vissuto molte vite, e in quasi tutte ha perduto qualcosa di prezioso: il suo background e la sua lingua madre, il fratello, il lavoro, gli amici. Ma ha tenuto duro e ha saputo cogliere il significato di ogni esperienza, bella o brutta che fosse. Questo "ordinario" talento esistenziale trasfigura la piccola messicana rotonda di mezza età, che esercita un fascino potente sulle persone che le vivono accanto. L'incontro con Ray, una vecchia fiamma, innesca il gioco dei ricordi - ed è questo il tema dominante del libro - e, per la prima volta dopo anni, il desiderio di riannodare i fili spezzati. Tra slanci e improvvise battute d'arresto, progressive rivelazioni reciproche che intrecciano i trascorsi, i segreti e i semplici non detti delle vite di entrambi, Maggie e Ray si riavvicinano e finalmente trovano, in un happy ending sobrio e "minimale" come il realismo asciutto del racconto di Hernandez, riposo l'uno nella braccia dell'altra. Il lieto fine, tuttavia, non redime il dolore, l'errore, la violenza e le difficoltà che i due protagonisti portano scritti sulla pelle e che, in gioco di rispecchiamento tra il racconto e il lettore, sono anche i nostri.