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E se si potesse dipingere con le parole? Se i versi fossero come pennellate, che si sovrappongono l'una all'altra costruendo nel tempo un'immagine? A questa sfida espressiva Claudio Pacagnan fornisce un'eloquente risposta con questa sua opera d'esordio, titolata non a caso "Germogli d'inchiostro". "Così come fiori che si aprono al nuovo giorno / le mie parole fioriscono / e vengono portate via": è già da questi primi versi del componimento iniziale (Così come fiori) che l'autore chiarisce la natura per così dire "organica" della propria poesia, una poesia fatta di parole soggetta alle fasi del tempo, allo sbocciare e al fiorire. E nemmeno il riferimento all'inchiostro è casuale: ci imbatteremo nel corso della lettura in macchie di colore, nuvole, acquarelli, manifestazioni della natura raccontate come se fossero viste per la prima volta e tante altre modalità del conoscere e del vedere, scoprendo il piacere di un uso inedito della lingua. Le parole, più che semplicemente portatrici di una forma e di un contenuto verbale, in quest'opera veicolano un valore visivo e si dotano di una forma, di un corpo e di un peso. Sono, insomma, un materiale lavorabile.