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L'azione punitiva è considerata espressione di chiusura della più ampia funzione di regolazione tesa a garantire l'effettività dell'osservanza delle prescrizioni di amministrazione attiva. La complementarietà tra compiti delle autorità di vigilanza, però, è stata sostanzialmente negata dai più che distinguono la natura del potere di reazione rispetto a quello di conformazione. La necessità di delimitare la giurisdizione ordinaria da quella amministrativa, parimenti investite delle impugnazioni delle determinazioni afflittive, ha condotto a distinguere quelle puramente punitive da quelle ripristinatorie, ritenute le une di natura vincolata e le altre discrezionali, così negando quella omogeneità che dovrebbe caratterizzare, senza distinzioni, tutte le componenti dell'azione amministrativa. Ancora, quella distinzione, foriera di una diversa considerazione dei principi dell'azione amministrativa e del procedimento, è stata esasperata da una lettura estensiva delle disposizioni della parte I della l. 689/1981, in cui, una costante Cassazione, individua un nucleo di principi incomprimibili ed insensibili all'evoluzione del modo d'intendere il rapporto tra individuo e potere pubblico. Il volume esamina il fenomeno punitivo attraverso la «lente» dell'azione delle autorità indipendenti dei mercati finanziari e sottopone a revisione critica l'orientamento sopra indicato, incompatibile con una ricostruzione di insieme delle funzioni di regolazione e con la più recente normativa che rimette alla scelta dell'autorità l'impiego di rimedi sanzionatori in senso stretto (pene pecuniarie), o di quelli correttivi, evidenziandone la loro immanente discrezionalità. Lo scritto esamina le peculiarità dei provvedimenti punitivi delle autorità e la loro «valenza» extraprocedimentale. Quindi, si focalizza sulla natura della relativa potestà per poi concentrarsi sui parametri ordinatori del suo esercizio, sulla struttura del procedimento e del provvedimento sanzionatorio. Infine, si esaminano i procedimenti di opposizione alle sanzioni, confrontando l'atteggiamento del giudice ordinario con quello amministrativo, segnalandone le differenze, anche di qualità, della tutela.