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La "scombuiata avventura" di cui l'ispettore Red Dick è protagonista malgrado se stesso, si sviluppa nella forma di un.eroicomica odissea disseminata di indugi e ostacoli costituiti dal suo nemico principe: l'ossessione linguistica, che, in special modo nella prima parte, si traduce nel paradosso-ossimoro di una logorroica afasia: l'incapacità dell'ispettore di passare, dalla pedante prassi di controllore delle proprie parole e di quelle dei suoi interlocutori, ad un'esperienza comunicativa vera e propria, inibendo in tal modo l'azione drammatica o segmentandola in una corolla minimalista di casi parapolizieschi risolti a colpi di fioretto logico di esasperata matrice holmesiana. Questo universo in attesa di essere creato è ironicamente il disfarsi per farsi del drama. Nella seconda parte, il grottesco vagare (e divagare) del quale l'ispettore è vittima si trasforma, su uno sfondo metropolitano allucinato, in una peripezia chisciottesco-swiftiana la quale porterà i due poliziotti ad essere gli arbitri inconsapevoli di una torbida vicenda in cui spiccano due maldestri e lunatici criminali (e/o ciarlatani) che l'ispettore riconoscerà come tali solo quando gli eventi li avranno costretti a rivelarsi; alla fine, saranno proprio questi personaggi a fornire a Red Dick l'opportunità di liberarsi del suo maniacale, intimo assillo, mettendolo nella condizione di dare soluzione ad un affaire poliziesco degno di tale definizione.