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Il modesto profilo di crescita e la contenuta espansione sui mercati esteri registrati dall'Italia nei primi anni del XXI secolo hanno richiamato l'attenzione, tanto del mondo politico-economico quanto di quello scientifico in generale, sull'improrogabile necessità di interrogarsi sullo stato dell'economia italiana, in un'ottica non più di confronto tra i vari attori istituzionali ed economici, bensì di intervento. In un contesto di forte propensione all'innovazione, di radicali cambiamenti nel quadro delle convenienze localizzative sotto la spinta dei nuovi "players" e di rapida riconfigurazione delle filiere produttive, l'industria italiana si trova a dover ridefinire il proprio ruolo nella divisione internazionale della produzione, ricercando nuovi equilibri competitivi che le consentano di rispondere efficacemente alle pressioni esercitate sia dai "vecchi" Paesi industrializzati, che dalle "nuove" Economie emergenti. È necessario, dunque, capire se la logica che fino a qualche anno fa è stata vincente per il nostro Paese - quella di un'industrializzazione basata sulle PMI e sui sistemi distrettuali - possa essere efficace nel nuovo scenario globale.